Direttiva europea case green: cosa prevede per l’Italia

Il Parlamento Europeo ha approvato la Direttiva europea case green (o EPBD, Energy performance of buildings directive) sulla prestazione energetica nell’edilizia, segnando un momento decisivo per l’efficienza energetica e la sostenibilità ambientale delle costruzioni nell’Unione Europea. Con l’obiettivo di allinearsi agli impegni dell’Accordo di Parigi e del Green Deal europeo, questa Direttiva mira a ridurre le emissioni del settore edilizio del 60% entro il 2030 per arrivare alla neutralità climatica entro il 2050.

In breve, la nuova Direttiva prevede per l’Italia e tutti gli stati membri che:

  • Tutti gli edifici privati di nuova costruzione dovranno essere a zero emissioni a partire dal 2030; dal 2028 per gli edifici pubblici.
  • Tutti gli edifici residenziali dovranno ridurre il loro consumo energetico medio del 16% entro il 2030, e del 20-22% entro il 2035.
  • Tutti gli edifici non residenziali dovranno ridurre il loro consumo energetico medio del 16% entro il 2030 e del 26% entro il 2033.

Leggi l’articolo completo: Direttiva Case Green: cosa sapere dopo l’ultima approvazione


Case green in Italia: un patrimonio invecchiato

In Italia, le disposizioni nella Direttiva coinvolgono tra 5,5 e 7,6 milioni di residenze. Entro il 2050, gli edifici residenziali attualmente nelle classi meno performanti F e G dovranno subire un’autentica rivoluzione energetica, con lavori di ristrutturazioni volti a migliorare l’isolamento e l’’efficienza energetica.

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Quali immobili sono esclusi?

La nuova Direttiva UE prevede alcune eccezioni. Tra gli immobili che potranno essere esclusi dagli interventi di ristrutturazione troviamo:

  • Monumenti
  • Edifici con particolare valore storico e architettonico
  • Chiese e altri luoghi di culto
  • Edifici a uso temporaneo
  • Seconde case utilizzate per meno di quattro mesi all’anno
  • Abitazioni unifamiliari di superficie inferiore a 50 metri quadri
  • Edifici agricoli

Cosa succede a chi non si adegua alla Direttiva?

Attualmente, la Direttiva case green non include sanzioni specifiche per coloro che non rispettano i requisiti entro i termini stabiliti, né vi sono restrizioni sulla compravendita o l’affitto delle proprietà. La decisione di adottare eventuali provvedimenti per il mancato rispetto della normativa rimane a discrezione dei singoli paesi, anche se sembra che attualmente tale eventualità sia remota nel nostro Paese, considerato l’approccio meno severo dell’Italia.


Leggi anche: Valore immobile classe G: opportunità e trasformazione


Come siamo arrivati a oggi: le fasi precedenti della Direttiva case green

In una prima fase della Direttiva si parlava di una possibile nuova classificazione unificata delle classi a livello europeo che avrebbe previsto parametri meno stringenti rispetto l’attuale classificazione italiana.

Con l’aggiornamento del 7 dicembre 2022, però, sono stati rimossi gli obblighi legati alle classi energetiche, basando l’efficientamento energetico degli edifici non più sulla certificazione energetica, ma su obiettivi medi che variavano a seconda del Paese. Queste medie di riferimento erano state definite sulla base del patrimonio edilizio, del sistema nazionale di classificazione energetica e delle strategie di ristrutturazione.

Dopo l’incontro decisivo del 14 marzo 2023, la Direttiva è stata sottoposta il 6 giugno al Trilogo (composto dalla Commissione, dal Consiglio e dal Parlamento). Durante questa discussione, i rappresentanti della Commissione Europea, del Consiglio e del Parlamento hanno affrontato vari aspetti della Direttiva, compresi i dettagli delle norme e delle misure proposte per raggiungere gli obiettivi di efficienza energetica stabiliti. L’obiettivo di questa fase era concordare un testo definitivo che potesse soddisfare le esigenze e le preoccupazioni di tutte le parti coinvolte, in modo da poter procedere con l’approvazione finale.

Il 7 dicembre le istituzioni europee hanno concluso la trattativa iniziata a giugno. Il Trilogo ha stipulato un accordo provvisorio sulla Epbd, che il 23 gennaio verrà votato dalla commissione ITRE (Industria, Ricerca ed Energia) per l’approvazione definitiva.

L’approccio inizialmente cauto visto nell’incontro del 12 ottobre, in cui era stato rimosso l’obbligo di intervenire sugli immobili entro una data specifica, ha lasciato posto alle decisioni più risolute che hanno caratterizzato l’accordo del 7 dicembre.

 

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